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Una donna per un libro o, meglio, per uno scaffale. Si inaugura domani, sabato 28 ottobre,  al Civico.17, grazie al contributo del Soroptimist club di Lomellina e alla collaborazione del Sistema bibliotecario lomellino, “Uno scaffale tutto per sé”, iniziativa che mira a creare scaffali nelle biblioteche della Lomellina dedicati a testi che riguardino le tematiche attinenti alle pari opportunità e alle problematiche della condizione femminile.
“L’obiettivo – dichiara l’associazione – è quello di diffondere nella comunità locale del territorio lomellino la cultura della parità di genere, creare una condivisione concreta e virtuale nell’ambito delle 23 biblioteche che costituiscono il Sistema bibliotecario della Lomellina, creare una condivisione reciproca fra il sistema bibliotecario della Lomellina e la rete di Biblioexteca del Soroptimist e non meno importante far emergere la storia delle donne del territorio”.
Il progetto per ora avrà luogo in tre biblioteche: Mede, Mortara e Vigevano. Le prime acquisizioni riguardano la storia locale, la letteratura e la sociologia, con l’individuazione di testi nazionali e internazionali considerati “fondanti” per la storia delle donne e per l’evoluzione delle pari opportunità. Spazio sarà dato, inoltre, all’area legislativa e all’area sanitaria. “Nell’ambito di questo progetto – spiega ancora l’associazione – si organizzeranno anche incontri e corsi sulla leadership al femminile, sull’empowerment femminile, sul digital divide, sull’economia finanziaria, sull’alfabetizzazione giuridica, sulla storia del percorso dei diritti civili, sul gender pay gap, sul gender balance, sul contrasto alla violenza di genere e altri”.
Lo scaffale dedicato a queste tematiche sarà ben riconoscibile grazie al logo del club e dai colori del Soroptimist, il giallo e il blu. La tappa mortarese, che segue quella di Mede del 21 ottobre, sarà caratterizzata dalla presenza di Emanuele Panzera, nipote della pittrice, giornalista e scrittrice Olga Biglieri Scurto (nella foto), in arte “Barbara dei colori”, una delle tre donne del Futurismo insieme a Regina Cassolo Bracchi e Benedetta Cappa, che il 15 marzo del 1915 vide i propri natali a Mortara. 
“Il mio intervento in questa sede – spiega Emanuele Panzera – nasce dal fatto che mia nonna nacque proprio a Mortara e, infatti, una delle sale del Civico.17 è proprio dedicata a lei. Mio intento sarà quello di mostrare il percorso della sua vita, nell’arte, nel giornalismo e nella moda, arrivando fino alla sua candidatura per il Premio Nobel alla Pace nel 2000, due anni prima che morisse”. 
Il talento di Olga Biglieri si manifestò precocemente. Infatti, nel 1926, trasferitasi a Novara con la famiglia, cominciò a prendere le prime lezioni di disegno. Nel 1933, di nascosto dal padre, si iscrisse al primo corso di volo a vela all’Aereoclub di Cameri conseguendo il brevetto di pilota. Già nel 1935 cominciò a dipingere le sue “sensazioni di volo”, impegnando la tela con le sensazioni vissute in prima persona e i forti colori. 
“Da quel momento in poi – prosegue – la sua parabola pittorica in ambito futurista continuò a crescere fino alla nascita delle due figlie nel 1942, quando decise di deporre i pennelli e di dedicarsi al giornalismo. Mia nonna era una persona assolutamente eclettica.
Nel Dopoguerra aveva ideato con la Rai una rubrica radiofonica incentrata sulla moda dal titolo ‘Stella polare’. Il suo impegno nel settore della divulgazione della moda durò per venti anni”.
A metà degli anni Sessanta, grazie all’amico svedese Gosta Liljestrom riprese a dipingere per non smettere mai più. Per ringraziarlo Olga Biglieri Scurto organizzò una mostra personale dell’amico Gosta al Palazzo Serbelloni di Milano a cui partecipò con un intervento, tra gli altri, Salvatore Quasimodo in nome della vecchia amicizia che li legava.
“Nel suo percorso artistico – racconta Emanuele Panzera – non ha mai smesso di ricercare nuove vie. Ha compiuto molti viaggi in giro per il mondo che le hanno suscitate sempre nuove piste d’indagine. I suoi interessi erano molteplici; infatti, ricordo con piacere le mie estati romane, città in cui si era trasferita, in cui si poteva trascorrere molto tempo a parlare con lei di qualunque cosa. Sapeva affrontare qualsiasi argomento e con sguardo davvero critico”. 
Nel 1981 capitò un fatto curioso: mentre Barbara, in un parco pubblico, era impegnata in una performance pittorica con i bambini, una pacifista giapponese Machiyo Kurokawa chiese di partecipare all’animazione ponendo anch’essa l’impronta della propria mano su questa lunga tela di 10 metri.
“In quel momento – rivela – in lei scattò qualcosa e capì che da quella casualità poteva nascere qualcosa di importante. Stava nascendo il suo noto ‘Albero della pace’. Mia nonna presentò l’idea alla Camera dei deputati che accolse la proposta e così, negli anni, all’Albero si aggiunsero sempre più mani, di intellettuali, di parlamentari, di politici e altri personaggi importanti. Nel frattempo, una équipe della televisione giapponese era stata mandata per registrare un documentario su di lei. L’albero della vita decise di donarlo al museo di Hiroshima, proprio in onore della Kurokawa che era presidente di un’associazione che si impegnava nel ritrovamento e nella memoria dei dispersi di Hiroshima e Nagasaki. Da questa serie di eventi concatenati si giunse infine alla candidatura per il Nobel alla Pace, che non vinse ma fu per lei una grande vittoria, comunque”.
Dopo una vita di viaggi e di ricerca inesausta, negli ultimi anni di vita ha raccolto le sue memorie autobiografiche, per mettere ordine alla matassa, intricatissima di fili, della sua lunga vita vissuta in prima fila.  

Vittorio Orsina