Don Giovanni Zorzoli: un grande vuoto e una presenza a otto anni dalla sua morte
Un uomo di Dio, un uomo per Dio. È quello che è stato don Giovanni Zorzoli, scomparso l’11 ottobre 2015, esattamente 8 anni fa.
Don Giovanni è stato un sacerdote straordinario, nell’accezione più autentica del termine: eccedente i limiti della normalità o del comune, fuori dall’ordine di una normalità che appiattisce e che colora la vita in scala di grigi. Don Giovanni è stato un’artista della vita: ha regalato “colore”, gioia e speranza. Si è speso per il prossimo gratuitamente e senza esitazioni. Ha convissuto con “doni” tanto importanti quanto gravosi, lo ha fatto con umiltà e obbedienza. Fuggendo i riflettori.
Per questo la sua Mortara non solo gli ha voluto bene, ma… gli vuole bene. Ancora, sì! Don Giovanni resta vivo nel ricordo e in mezzo a tutte le persone che ha aiutato nella sua missione quotidiana. Fino a quando, a 88 anni, domenica 11 ottobre 2015, ha aperto gli occhi sull’eternità.
Il 13 ottobre di otto anni fa c’era tutta Mortara a dargli l’ultimo saluto.
Da Santa Croce, dove riposava la salma, fino a San Lorenzo, dove sono stati celebrati i funerali, la città intera ha stretto in un abbraccio ideale il “suo don”. Un fiume incessante di gente, sin dal pomeriggio dell’11 ottobre, ha fatto visita al feretro esposto in Santa Croce per raccogliersi in preghiera. Nato il 13 settembre 1927 alla Garbana, è stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1955, iniziando la sua missione al santuario della Madonna di Pompei a Vigevano.
Nel 1956 è stato nominato vicario della parrocchia vigevanese di San Giuseppe, incarico mantenuto per quattro anni; è stato per un anno economo spirituale alla Garbana, poi un altro anno ad Alagna e, nel biennio 1962-64, vicario della parrocchia di San Michele a Lomello. Nel 1964 l’approdo in quella che diventerà la sua città e che non lascerà mai più: il vescovo monsignor Luigi Barbero lo manda come vicario parrocchiale a San Lorenzo, dove resterà per 20 lunghi anni. Il 1 settembre 1984 passa “di là” e diventa vicario a Santa Croce accanto al prevosto don Adriano Bernuzzi. Il 15 agosto del 2000 viene nominato esorcista diocesano e manterrà l’incarico per nove anni, mentre il 13 settembre 2007, in occasione del suo 80esimo compleanno, riceve il titolo di canonico onorario della basilica di San Lorenzo. Il rito funebre è stato presieduto dal vescovo di Vigevano monsignor Maurizio Gervasoni, concelebrato dall’allora vicario generale monsignor Gianfranco Zanotti, dal parroco di Santa Croce don Gianni Camana e da oltre 40 sacerdoti. La basilica di San Lorenzo non è riuscita a contenere l’immensa folla che ha dovuto attendere la fine della messa sul sagrato per porgere l’ultimo saluto a don Zorzoli. “La vostra numerosa presenza è l’attestazione di quanto grande sia stato il dono che abbiamo ricevuto: oggi vive il senso di comunione e di una comunità che vuole testimoniare come don Giovanni è una persona che merita di essere ricordata. - così il vescovo si era rivolto ai fedeli durante l’omelia - Il giusto che vive la Fede è un’immagine che rappresenta don Giovanni e lui ha vissuto nella Fede e per la Fede con la capacità di riconoscere la potenza di Dio attraverso le opere del creato, dell’arte e della bellezza”. Alla solenne celebrazione liturgica erano presenti i gonfaloni delle contrade, degli sbandieratori, dell’Oftal, del Gruppo volontariato vincenziano, dell’associazione bersaglieri, della 3A, dell’Avis, dell’associazione di volontariato La fucina e dei gruppi scout mortaresi Agesci, Fse e Masci.
C’era davvero tutta Mortara, quella Mortara che si recava con discrezione nel suo studio di corso Garibaldi alla ricerca di risposte. E don Giovanni ascoltava tutti e ad ognuno dava le risposte che cercava: un consiglio, una parola buona e, perché no, un rimprovero.
Da dietro la sua scrivania, quasi come fosse una trincea, combatteva la sua battaglia quotidiana contro il maligno.
E in quello studio, avvolto da un suggestivo profumo di toscano, i mortaresi si sentivano veramente a casa.
“Don Giovanni non può stare in uno schema, in un format, - queste le affettuose parole pronunciate da don Gianni Camana al termine dei funerali - anzi era insofferente alle schematizzazioni. Cosa ci aspettiamo da un sacerdote? Molto più della normalità e questo è l’insegnamento che don Giovanni ci ha lasciato con pazienza, disponibilità e umiltà, qualità indispensabili per rendersi disponibile all’azione di Dio. Ricordiamo la sensibilità non comune, profonda, di leggere l’anima: un dono che il Signore ti ha fatto e questa grazia l’hai portata anche a noi”.
Fondamentale nella sua vita fu l’incontro con Padre Pio. Un amico lo invita a Firenze a vedere gli Uffizi: don Giovanni accetta, ma la galleria è chiusa a causa di una festività e così l’amico lo esorta a proseguire verso San Giovanni Rotondo. Don Giovanni accetta e si prepara ad una rigorosa confessione ma Padre Pio gli rifiuta l’assoluzione e lo invita a fare degli esercizi spirituali chiedendogli: “Che vuoi fare, il macellaio di Dio?”. Don Giovanni, punto nel suo orgoglio, torna a casa ripromettendosi di non tornare mai più dal frate cappuccino. Dopo la morte del santo, avviene la riconciliazione, attraverso locuzioni interiori in cui Padre Pio gli assicura il suo bene e la sua protezione per sempre: come il santo cappuccino don Giovanni riceverà da Dio alcuni doni mistici che lo aiuteranno nel suo apostolato, tra cui il dono dell’introspezione dei cuori e della profezia.
Don Giovanni è noto per la sua importante attività di esorcista: numerose persone giungevano a lui da tutta Italia e dall’estero, spesso con casi molto difficili.
Iniziò presto il suo ministero, dapprima in seno al Rinnovamento nello Spirito e grazie alla guida e agli insegnamenti di suor Erminia Brunetti di Ravenna.
Si occupò per oltre 40 anni dei casi più difficili, sempre affrontati con grande fede e attento discernimento, superando molte difficoltà e talvolta l’incomprensione dei suoi superiori, avvalendosi spesso di psicologi e medici, anche non credenti. Non mancarono dure prove fisiche alla sua persona. Quotidianamente numerose persone si recavano nel suo Ufficio, che ironicamente egli chiamava “il mio pre-purgatorio”, ottenendo sempre la sua totale disponibilità.
Durante il suo apostolato ebbe la grazia di ricevere diverse rivelazioni private, di dialogare con le anime del Purgatorio e del Paradiso, di sperimentare concretamente l’intercessione dei Santi e di avere colloqui spirituali con la Madonna e la Santissima Trinità.
Tra i colloqui soprannaturali, di particolare importanza fu quello con Madre Anna Bandi, cofondatrice delle Suore missionarie dell’Immacolata Regina Pacis insieme al Beato Francesco Pianzola, durato alcuni anni: attraverso una persona in trance Madre Anna indicava a don Giovanni la strada per curare molte anime che a lui si rivolgevano per un conforto, per un consiglio o per essere liberate dal male.
Durante un esorcismo su una persona ossessa da Lucifero , condotto il 26 maggio 2001 a mezzogiorno, don Giovanni riuscì a farsi raccontare dal maligno i fatti relativi al primo miracolo avvenuto alla Madonna del Campo e trascrisse i fatti.
«Al momento centrale della preghiera esorcistica, quando il demonio è più indebolito dalla potenza di Dio, tramite l’esorcista, il quale comanda in nome di Gesù come suo strumento; e perde per così dire le forze più virulente, gli si chiede, secondo il Rituale, oltre al nome, ciò che più lo umilia e quali preghiere più lo debellano, onde insistere per debellarlo con maggior efficacia; mi è parso, per divino suggerimento, di intimargli in nome di Gesù e di Maria di raccontare – senza inganni – la storia del miracolo avvenuto alla Madonna del Campo (frazione di Mortara), del tutto dimenticato nel corso dei secoli.
Ecco che cosa è uscito da quello spirito cattivo, tra contorcimenti, spasimi, sospiri, urla, tentativi di ribellione all’imposizione dell’esorcista, con un filo di voce: “Anno 1341, 12 maggio: ci fu un alluvione che colpì la città di Mortara, particolarmente la frazione della Madonna del Campo. Dei bambini con alcuni adulti, si erano rifugiati nella chiesetta, in un vano, per salvarsi dall’inondazione. L’acqua andava crescendo sempre più di livello.
La Madonna ha salvato i bambini e i pochi adulti; ha mandato i suoi Angeli; ha sconfitto i diavoli che volevano annegare ed uccidere i bambini. E’ venuto poi fuori il sole e l’acqua si è ritirata velocemente. Nel campo su cui era costruita la chiesa sono venuti fuori i fiori, formando un’aiuola fiorita. Anche le piante da frutto sono fiorite ed hanno maturato subito i frutti”.
Questo il racconto di Lucifero, fatto per ordine di Dio e a gloria della Madonna, del tutto involontariamente. Gli domandai alla fine perché non voleva raccontare il miracolo. Risposta: “Non volevo dirtelo perché è la mia sconfitta”.
In umiltà devo dire che avevo il cuore traboccante di gioia e di riconoscenza verso Dio e la sua santissima Madre. Pur con le dovute riserve imposte dalla Chiesa, non possiamo pensare con gioia che la Madonna ci ha sempre voluto bene e protetti, anche miracolosamente? E la frazione della Madonna del Campo non può aver tratto il suo nome dalla “Madonna del campo fiorito”?».
Durante la sua lunga attività esorcistica, ottenne dal “buon Dio” anche alcuni doni straordinari come quello dell’introspezione dei cuori, il dono della profezia e della guarigione fisica e spirituale, che con grande umiltà cercava sempre di celare.
Caso singolare nella Chiesa, egli fu guida spirituale di molte anime di musicisti celebri della storia, alcuni dei quali accompagnò personalmente verso la Gloria Celeste, potendone conoscere, per concessione divina, la coscienza e le virtù. Insegnante nelle scuole medie di Mortara, accanito lettore, amante e grande conoscitore della musica classica, attratto dalla pittura e da ogni tipo di creazione artistica, è prolifico autore di disegni a matita e carboncino, dipinti ad olio, acquerello, tempera e sculture, soprattutto di caricature di musicisti, filosofi, scienziati e letterati. La sua passione per l’arte e soprattutto per la musica lo porta in contatto anche con i grandi intellettuali del suo tempo e con illustri musicisti: realizza alcune caricature per Herbert von Karajan e, in cambio, il maestro gli fa dono di una sua preziosa bacchetta.
Ha sempre dato la sua generosa disponibilità per raccolte fondi a scopo benefico, prestandosi volentieri a recitare in commedie dialettali, sempre con dedizione e grande preparazione.
Nel 2006, vestendo i panni dell’artista, ha realizzato la casella numero 63 del gigantesco tabellone del gioco dell’oca impiegato nel Palio “Città di Mortara”, mentre cinque anni più tardi ha realizzato il drappo, un omaggio al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, che è stato assegnato alla contrada vincitrice del Palio.
Nel 2016, un anno dopo la sua morte, l’auditorium di viale Dante ospitò la suggestiva mostra multimediale “Che Bellezza!” e nell’ottobre 2020, a cinque anni dalla scomparsa, si è svolto un convegno che ha messo in luce la poliedrica personalità del sacerdote. Sempre nel 2016 gli è stato dedicato lo spazio tra l’abbazia di Santa Croce e i giardini di piazza Carlo Alberto: lì c’è “Piazzetta don Giovanni Zorzoli”. Con quella targa di marmo aggrappata al muro della chiesa: una targa che invita ad alzare la testa, a levare lo sguardo. Verso l’alto, verso il cielo. Una piazzetta nascosta, quasi timida. Come un po’ lo era lui. Discreto. Sapeva ascoltare e il suo abbraccio ti avvolgeva con quel calore paterno che curava i mali più intimi e profondi. Oggi continua a indicare dall’alto la strada della Speranza. E ci perdonerà queste righe, ma se le merita...