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Interviene Italia Nostra sezione Lomellina il prossimo mercoledì alle 16 per la rassegna di storia e cultura locale ‘‘Conosci davvero la tua terra?’’ organizzata dal Civico.17. Il titolo della conferenza è ‘‘1840: i dipinti mortaresi emigrati a Torino’’, mentre il relatore il decano Giovanni Patrucchi. I dipinti in oggetto saranno quattro: l’Adorazione dei pastori di Giovan Battista Crespi detto il Cerano, l’Adorazione dei magi di Bernardino Lanino, la Madonna col bambino e sante di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane e il polittico con Madonna e santi di Paolo da Caylina il Vecchio.
La storia che racconterà Giovanni Patrucchi ha degli aspetti grotteschi e, per certi versi, fastidiosi perché ricordano un certo modo ancora d’oggi di considerare le opere d’arte, con molta leggerezza. Per capire la storia di queste quattro tavole bisogna tornare al 2 ottobre 1832 quando nasceva la Reale Galleria, oggi Galleria Sabauda, a Torino per volontà del re Carlo Alberto. La dotazione a disposizione all’apertura comprendeva 365 opere di vario genere provenienti da Palazzo Reale, Palazzo Carignano, sempre a Torino, e Palazzo Durazzo, a Genova. Al re, tuttavia, questa prima dotazione non bastava; esigeva che la collezione fosse arricchita con i tesori presenti nel regno. L’uomo incaricato fu il marchese Roberto d’Azeglio che per il sopralluogo di Mortara mandò Pelagio Pelagi che sapeva già cosa cercare. Delle tavole prima citate, presero la via per Torino l’Adorazione giovanile di Cerano e il polittico di Paolo da Caylina il Vecchio, la prima dalla chiesa di santa Croce, la seconda da san Lorenzo.
Dagli appunti di Giovanni Patrucchi, che riporta notizie d’archivio, risulta che: ‘‘Nel convocato della Veneranda Congregazione della Chiesa Parrocchiale e Collegiale di San Lorenzo si legge che in data 12 aprile 1840 gli amministratori decidono di ‘offerire alla Reale Galleria la ‘pregevolissima tavola gotica […] ora di ornamento non inutile di questa sagrestia e ‘colla speranza d’un equilativo compenso’. Mentre è una lettera, inviata al prevosto della chiesa parrocchiale di Santa Croce dalla Direzione generale delle Reali gallerie datata 4 aprile 1840 a firma di D’Azeglio di compiacimento per la medesima decisione di cessione della tavola di Cerano, che ci informa che essa verrà resa esecutiva il successivo 26 aprile’’.
E qua comincia la parte più irriverente della trattativa. Alle due chiese mortaresi, secondo patti in parte orali in parte scritti, erano state promesse due copie fedeli degli originali da posizionare al posto delle due opere ormai partite insieme a un adeguato compenso… passano anni e anni e ancora nulla giunge a Mortara. Anzi, in una lettera del 10 marzo 1871 a firma del direttore della Reale Pinacoteca Francesco Gamba si ribadisce che gli accordi debbano essere rispettati e che non si possa aspettare oltre. Sono allora avanzate delle proposte, ma, come scrive Giovanni Patrucchi, ‘‘pretestuose e opinabili’’.
‘‘Quando poi al merito dei dipinti donati […] non posso fare a meno che dire la verità, ed assicurarla che il Trittico rappresentate Sant'Albino, Lorenzo, Amico, Amelio e la Madonna al centro […] non ha più valore tale da poter equilibrare la spesa di una accurata copia, ciò che monterebbe alla somma di £ 2000. Dico non ha più: perché questo dipinto, fatto da autore assolutamente ignoto cioè da un tal Brixiensis imitatore del Crivelli. Non mancava di pregi e di un certo valore artistico: ma fu talmente ricoperto da cattivi restauri che ben poco rimane di veramente vergine e intatto […] e sia per ragione di tali restauri, sia pel metodo col quale fu dipinto, sia per la sua vetustà, è in via tale di deperimento da non poter sopportare l’imballaggio e il ritorno a Mortara senza correr pericolo di rovinarsi completamente. Io le dico ciò, non nell’interesse della Galleria, la quale non trarrebbe gran danno per se il ritorno del quadro a Mortara […] veda ella se non convenga meglio concertare un compenso pecuniario’’ si scrive, ad esempio, del polittico con la Madonna e i santi. Solo dopo 32 anni, nel 1872, la vicenda si conclude con un indennizzo in denaro di £ 1000 e la consegna di un dipinto che si credeva di Tintoretto e invece attribuito a Palma il Giovane da Stefania Mason Rinaldi, massima esperta del pittore veneto.

Vittorio Orsina