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CASTELLO D’AGOGNA – L’Ente nazionale risi tiene sotto controllo cadmio e arsenico, contaminanti inorganici del cereale bianco. La siccità dell’anno scorso, le dinamiche di assorbimento dell’arsenico in funzione delle diverse condizioni di sommersione e la possibile introduzione di un nuovo regolamento europeo per limitare il contenuto di nichel totale negli alimenti hanno spinto l’Ente nazionale risi a promuovere un nuovo progetto triennale (2023-2025).
L’obiettivo è colmare le conoscenze necessarie a supportare le fasi decisionali nell’iter normativo di fissazione dei nuovi limiti e a rendere disponibili tecniche colturali rivolte alla mitigazione dell’accumulo dei contaminanti nella granella. I tecnici del Centro ricerche sul riso, con il supporto dei chimici agrari delle Università di Piacenza e di Torino, effettueranno un monitoraggio sull’intero territorio risicolo italiano, di cui la Lomellina e il Pavese sono la punta di diamante con una media annua di circa 75mila ettari.
“Dal punto di vista normativo – spiegano i ricercatori Daniele Tenni e Marco Romani – negli ultimi anni si sono susseguite diverse revisioni relative ai tenori massimi dei contaminanti inorganici, come cadmio e arsenico, negli alimenti. Per il cadmio, dall’agosto 2021 è in vigore il regolamento che riduce il limite massimo nel riso da 0,20 a 0,15 milligrammi per chilogrammo. Il medesimo approccio ha riguardato anche l’arsenico. Stesso limite per l’arsenico inorganico, per cui sono stati introdotti nuovi limiti per alcune categorie di sottoprodotti derivanti dalla lavorazione o trasformazione del riso. Per non farci mancare niente, inoltre, è in fase di discussione l’introduzione di un nuovo regolamento europeo volto a limitare il contenuto di nichel totale negli alimenti. La proposta è di porre il limite a 0,50 milligrammi per il riso bianco e a 0,80 per il riso semigreggio”.
I quadri normativi attuale e futuro spingono quindi la filiera a prestare maggiore attenzione alle fasi di coltivazione del riso, in modo da ottenere un prodotto di elevata qualità e conforme a quanto richiesto a livello comunitario. È ormai noto come la biodisponibilità di arsenico e cadmio sia influenzata dalle condizioni di ossidoriduzione del suolo, dipendenti dalla gestione dell’acqua utilizzata in risaia. In generale, infatti, la presenza di un ambiente riducente e sommerso comporta una maggiore disponibilità di arsenico e, in questo caso, la fase di levata dell’acqua rappresenta il momento di massima traslocazione dell’elemento in granella. Al contrario, la disponibilità di cadmio nel suolo è favorita da condizioni di aerobiosi, tipiche dei suoli asciutti. Le fasi fenologiche più critiche per l’accumulo di cadmio sono comprese tra la fioritura e la maturazione cerosa: periodi di asciutta in queste fasi possono portare a notevoli incrementi dell’elemento in granella.

Umberto De Agostino