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Fermare la violenza di genere e guardare alla diversità. La biblioteca “Francesco Pezza” in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ha colto l’opportunità di poter parlare del tema della violenza di genere in un contesto più generale. Per venerdì 24 novembre alle 16 e 30, infatti, ha invitato Gabriella Maldifassi (nella foto), artista già conosciuta dal pubblico mortarese, e Urmila Chakraborty, già docente di Mediazione linguistica e culturale all’Università degli Studi di Milano, per parlare di Patachitra. Si tratta di una forma artistica e narrativa indiana che affonda le sue radici nell’antica tradizione popolare. Si manifesta attraverso la produzione di manufatti pittorici su tela basati su racconti della mitologia indù o su fatti contemporanei, che vengono srotolati durante l’esibizione canora dei Patua, nome con cui si indicano gli autori e cantori di tali dipinti. Le canzoni sono conosciute come Pater Gaan, “canto dello scroll”, e si tramandano oralmente da generazione a generazione.
È una pratica di cui si hanno le prime attestazioni letterarie risalenti a 2500 anni fa circa. L’incontro verterà, in particolare, sul villaggio di Naya nel West Bengal, che conta circa 650 abitanti e dove praticamente ogni famiglia ha un membro che si occupa di questa particolare attività. E perché si è voluto parlare di quest’argomento in occasione della giornata contro la violenza sulle donne? “Il rapporto che le donne hanno con il Patachitra – introduce Urmila Chakraborty – è particolare. Oggi la maggior parte dei Patua sono donne, sono loro che detengono il ruolo ufficiale. Ciò è dovuto fondamentalmente alla sua perdita di attrattività che si è manifestata particolarmente negli anni ’80 dello scorso secolo, quando molti uomini si sono spostati verso lavori più comuni e remunerativi. Le donne del villaggio sono state intraprendenti e grazie alla loro creatività e disponibilità hanno guadagnato sempre più prestigio in tutto il mondo e indipendenza economica attraverso il Patachitra”. Un’arte espressiva, riconoscibile sin da subito. Patachitra non si limita solo agli aspetti religiosi.
“Il pomeriggio in biblioteca nasce – spiega Urmila Chakraborty – dalla volontà mia e di Gabriella Maldifassi, che ho conosciuto perché abbiamo lavorato assieme ad un’antologia, di fare questo incontro incentrato sul Patachitra. Per l’occasione, cominceremo proiettando un documentario realizzato da Giuseppe Carrieri che ha gentilmente donato, realizzato proprio tra la gente di Naya. In seguito, mostrerò che cosa è Patachitra e parlerò dei progetti che assieme alle mie colleghe e agli studenti sto portando avanti in merito alla conoscenza e diffusione di quest’arte”. Gabriella Maldifassi, invece, in quanto moderatrice, esporrà le sue riflessioni d’artista. “La prima occasione in cui abbiamo potuto allestire in Italia – ricorda – una mostra sull’argomento è stata nel 2012, presso il Museo del Fumetto di Milano. In quell’occasione due artiste dal villaggio, Swarna Chitrakar e Mamoni Chitrakar erano venute a Milano per un’esibizione. È stata un’occasione estremamente importante perché il successo è stato notevole e da lì sono nati sempre più progetti, che ancora oggi sto portando avanti. Alcuni dei miei studenti sono stati nel villaggio di Naya, per entrare in contatto con questa cultura e viverla, relazionarcisi e stare in un mondo completamente diverso. Alcuni artisti come Alessandro Dell’Avvocata hanno provato a dialogare col Patachitra e la sua cultura nelle proprie creazioni”.
Il mondo raccontato da quest’arte è complesso. Se da tradizione erano soprattutto i grandi temi della mitologia indù, peraltro cantati da una popolazione musulmana, quest’arte ha saputo adattarsi ai tempi, tanto che sempre più si sono affiancati temi assolutamente contemporanei. 

Vittorio Orsina