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Autostrada sì o no? E se sì, come? Ma, soprattutto, quanto è costato ai contribuenti un progetto irrealizzabile? La storia della Broni – Mortara – Stroppiana si perde nella notte dei tempi, ma negli ultimi giorni ha ripreso un certo vigore… come non si vedeva dall’inizio degli anni Duemila.  Il 25 gennaio 2006, Regione Lombardia ha approvato lo studio di fattibilità redatto dal Comitato promotore, mentre nel maggio di quello stesso anno, la società Sabrom si è vista aggiudicare il ruolo di Promotore ed è stato dato l’avvio dello sviluppo del progetto preliminare. Progetto preliminare che è stato approvato un anno dopo. L’iter burocratico si è trascinato fino al 28 luglio 2016, quando Il ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare ha emesso con giudizio negativo, in accordo con il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, il decreto di compatibilità ambientale sul progetto Broni-Mortara. La bocciatura è stata impugnata tre mesi dopo da Infrastrutture Lombarde, in qualità di società concedente, davanti al Tar lombardo. Poi il silenzio. 
Ad aver assistito a tutta la vicenda politica e amministrativa che ha interessato la Lomellina è Franco Varini, l’architetto per antonomasia della politica pavese, per due anni membro del Cda di Sabrom. “Ho visto nascere quel progetto, un progetto che aveva il sostegno della Provincia sia con la presidenza di Silvio Beretta che con il suo successore Vittorio Poma, un progetto che nasceva per la chiara volontà di Gian Carlo Abelli. – ricorda Franco Varini (nella foto) – Oggi, onde evitare di rincorrere le ombre di ambizioni personali ormai finite e al fine di proporre concretamente soluzioni possibili per non trovarci ancora con la solita storia della Broni – Mortara – Stroppiana, che la Lomellina l’ha vista col binocolo, dobbiamo provare anche ad orientarci anche su soluzioni alternative a quelle che i tecnici del Ministero hanno bocciato”. Intanto Varini indica una serie di punti che andrebbero chiariti e una serie di aspetti che nel corso degli anni sono cambiati. Proprio come sono cambiati gli amministratori locali. “Dobbiamo considerare che l’azionista di maggioranza di Sabrom è Impregilo: all’inizio di questa avventura Impregilo era di proprietà della famiglia Gavio di Tortona, poi è finita ai Salini di Roma. Il panorama geopolitico dell’azionista di maggioranza è evidentemente cambiato e questo potrebbe far riflettere sul fatto che negli ultimi anni l’interesse attorno all’opera è andato scemando. – fa notare Varini – Mi chiedo perché i nostri volontari della politica non chiedano oggi a Sabrom  i costi di realizzazione dell’opera e quanto rende agli investitori: se è diminuita la resa è comprensibile che sia calato anche l’interesse nell’investire in un’opera così importante”. Il progetto di Sabrom prevedeva un tracciato di 50 chilometri e di oltre 30 chilometri di viabilità ordinaria, oltre a compensazioni di carattere ambientale. Ma l’opera è stata giudicata dal Ministero troppo impattante per il territorio. “I progettisti dovrebbero illustrare pregi e difetti delle rilevazioni fatte dai tecnici che hanno bocciato l’opera, oltre a spiegare quanto costa la realizzazione del progetto e a chiarire se questo è rivedibile. – puntualizza Varini – Ricordo che la bocciatura ministeriale è arrivata da stimati professionisti e docenti universitari: tra loro c’è anche l’ingegner Carlo Collivignarelli, mortarese, e i nostri sindaci e pseudo politici, in tutti questi anni, avrebbero potuto contattarlo per meglio capire le motivazioni che hanno portato alla bocciatura. Comunque una persona che merita rispetto per il lavoro svolto è il presidente di Sabrom Carlo Belloni”. 
C’è poi anche una contro proposta messa sul tavolo dall’architetto della politica mortarese, un’idea che poggia sulla volontà di migliorare la rete viabilistica locale. “Nonostante il passare degli anni, resto dell’idea che il nostro territorio vada unito alle principali reti autostradali che ci circondano, anche per dare finalmente possibilità di sviluppo al polo logistico realizzato a Mortara. – illustra Franco Varini – Mi chiedo, però, come mai non si è pensato ad una alternativa. Perché non si è considerata l’ipotesi di collegare Mortara alla A26 nella zona di Vinzaglio, appena dopo Palestro, e di collegare Mortara alla A7 a Gropello? Poi dall’uscita della Milano – Genova di Casei Gerola si sarebbe potuto migliorare il collegamento verso il casello di Voghera sulla Torino – Piacenza. Così si sarebbero potuti risparmiare i costi della realizzazione di un nuovo ponte sul Po e si sarebbe diminuito l’impatto sul territorio. Addirittura si sarebbero potuti investire nuovi fondi per migliorare i collegamenti tra Vigevano e l’autostrada A7. A tutto questo i potenti dell’autostrada non hanno dato risposte e oggi dobbiamo ancora vedere i sindaci che, a turno, credono alle solite palle senza cercare alternative. Cari sindaci, – conclude Varini – chiedete cosa si può fare per il nostro territorio a meno che tutto questo nuovo interessamento non sia sorto esclusivamente perché siamo alla vigilia dell’ennesima tornata elettorale e quindi si ragiona in ottica di spot per una riconferma nel ruolo di sindaco, o magari c’è chi ambisce a far carriera a Roma o Bruxelles. Devo riconoscere che a livello politico non si è solo abbassata l’asticella, l’asticella… non c’è più! Ma questo lo avevamo visto anche con la gestione, o non-gestione, del caso Clir. Forse è ora di manifestare come stanno facendo gli agricoltori che, non fidandosi di nessuno, sono arrivati con i trattori a Roma! Perché, cari sindaci, non rimanere uniti e portare il problema dei trasporti in Regione e a Roma con la vostra fascia tricolore a rappresentare l’abbandono della Lomellina? …Non aspettiamo i soliti imbonitori molto presenti nel nostro territorio!”.