A Sinistra tentano il colpaccio con il campo largo, ma il candidato deve essere di Rifondazione
A livello nazionale l’ossessione di vincere ha spesso fatto perdere la sinistra. Ne sono una prova certa le alleanze extra large, che poi hanno preso il nome di campo-largo, naufragate in un clamoroso flop. Anche a Mortara l’orizzonte politico della sinistra lascia intravedere la possibilità della nascita di un campo-larghissimo che potrebbe vedere un’alleanza tra Partito della Rifondazione Comunista, Movimento 5 stelle e Partito democratico.
Un’ipotesi complicata, considerando i rapporti tra Prc e Pd storicamente mai idilliaci, ma non impossibile. Intanto questa sorta di triplice alleanza dovrebbe necessariamente poggerebbe le sue basi su una condizione di partenza imprescindibile: il candidato sindaco dovrebbe essere scelto da Rifondazione (non per forza un tesserato di falce&martello). Una scelta quasi naturale pensando alla “presenza” sul territorio dei tre partiti di sinistra. La leadership targata Prc non dovrebbe essere un boccone indigesto per i pentastellati. Le affinità a livello locale tra Prc e M5s ci sono state e continuano ad esserci. Anche nel recente passato i «grillini» si sono associati ad alcune delle molte iniziative politiche e civili promosse da Rifondazione.
A dimostrazione di una visione condivisa che supera i semplici interessi elettorali. I fedelissimi della «falce e martello» appartengono ad uno dei pochi partiti che ancora si possono definire strutturati, con tanto di sede e base militante attiva e presente sul territorio.
Al contrario di un Partito democratico che, pur essendo stato presente in consiglio comunale tra i banchi dell’opposizione, resta un’entità eterea, un corpo estraneo rispetto alla città. I Democratici, guidati dalla segretaria locale Giusi Figliano, hanno forse la pretesa di vincere al posto del centrodestra senza però aver fatto un minimo di proverbiale gavetta? Non basta trovare 16 candidati, scrivere due paginette di punti programmatici (molto spesso sovrapponibili alla maggior parte degli obiettivi espressi degli altri partiti), apporre il simbolo di partito sulla scheda elettorale e aspettare che gli elettori accorrano per essere salvati dalla «deriva fascista». Gli elettori attivi giudicano in base alle idee, alle persone, ma anche a quello che il candidato ha dimostrato di saper fare nei mesi e negli anni precedenti.
Non a caso l’inossidabile Giuseppe Abbà (nella foto) resta per il Prc una garanzia di voti e di fiducia. Poi c’è la schiera, sempre più nutrita, dei cittadini che non votano più. Questi ultimi non lasciano convincere dalla semplice promessa: “saremo migliori dei precedenti perché peggio non è possibile fare”. Chi ha perso la fiducia nella massima espressione democratica, chi non si reca più alle urne molto spesso non ha nemmeno idea di che cosa abbia fatto il governo cittadino. Altri sono mediamente informati e, proprio per questo, hanno tutte le intenzioni di continuare a non votare. Insomma, costruire un’alternativa non è facile. Solo Rifondazione lo sta facendo. Ma da sola non può vincere. Il campo larghissimo sarebbe una possibilità. Ma deve essere costruita. Il collante di una simile alleanza, che dovrebbe essere rifondazionecentrica, non può essere solo sconfitta delle destre variamente declinate. Non basta voler essere l’alternativa, bisogna anche saperlo diventare.