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VIGEVANO –  I finti dentisti si facevano pagare in contanti, non potendo esercitare la professione. Lo studio di Vigevano, non abilitato a interventi chirurgici in bocca poiché sprovvisto di odontoiatri (c’era solo un’odontotecnica), era frequentato in modo sistematico e non mancavano né la strumentazione del mestiere e nemmeno timbri di medici (veri). Di dottori però nemmeno l’ombra. Tutto era svolto senza rispettare il minimo standard di sicurezza. Nell’indagine dei carabinieri della compagnia vigevanese, guidata dal tenente colonnello Paolo Banzatti (nella foto), emerge anche un’accusa di violenza sessuale: avances che una ex cliente avrebbe subito in cambio di sconti promessi. È stata proprio questa donna di nazionalità romena, sia delusa dalla cura scadente ricevuta sia soprattutto scossa dalle profferte esplicite, a denunciare il finto odontoiatra e le sue collaboratrici. L’episodio risale allo scorso settembre. I carabinieri dopo le indagini hanno sgominato un meccanismo collaudato: visti i pagamenti solo in contanti, sembra probabile che molti altri “clienti” sapessero benissimo che fosse tutto abusivo, ma usufruissero comunque dello studio per via dei prezzi minori. Tre soggetti, due sorelle e un uomo, nello stanzino di Vigevano, esercitavano quindi senza, secondo quanto emerso, le qualifiche necessarie per l’esercizio della professione medica. Le due donne risultano titolari di uno studio odontotecnico in città, nonché dello studio stesso dove venivano effettuate le operazioni dentali. Una delle due ha la qualifica di odontotecnica ed è quindi l’unica in qualche modo “competente” in materia, pur senza poter operare. L’altra signora, e l’uomo accusato di molestie, non hanno nemmeno quella. I militari hanno sequestrato gli attrezzi del mestiere. Trapani, frese, bisturi, specilli, pinze e altra attrezzatura odontoiatrica. In più, ricettari medici in bianco, timbri riconducibili a medici realmente abilitati, cartelle cliniche e impronte dentarie. Tutto materiale che non poteva essere lì. Alcuni pazienti, rintracciati e interrogati, hanno confermato di aver ricevuto visite, trattamenti e applicazioni di protesi direttamente dalle due donne, senza la presenza di un medico abilitato. Le prestazioni sarebbero state saldate in contanti, senza emissione di ricevute fiscali, proprio per eludere ogni forma di tracciabilità. Dalle indagini dei carabinieri emerge un’ipotesi di accordo illecito tra i tre soggetti, con una precisa suddivisione dei compiti, finalizzata allo svolgimento sistematico e continuativo di attività sanitarie abusive. Allo stato, al termine della prima fase investigativa, che è proseguita anche dopo l’operazione, i tre indagati sono stati deferiti in stato di libertà alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia per il reato di esercizio abusivo della professione sanitaria. L’uomo è inoltre indagato per il reato di violenza sessuale, in relazione alle pressioni rivolte alla denunciante durante una prestazione sanitaria.