Omicidio di Garlasco: in tv a Le Iene dopo 18 anni parla il super testimone Prima avevo paura di finire nei guai

GARLASCO – “Dopo 18 anni a dover parlare di questa cosa mi sono sentito meglio, a livello emotivo e personale. Lo faccio solo per quella ragazza, degli altri non me ne frega niente”. Queste sono le parole del super testimone di Garlasco, rese pubbliche dalla trasmissione “Le iene” andata in onda nella serata di domenica scorsa. Non ha parlato prima perché temeva di “finire nei guai”. Pochissime le parole rilanciate sul piccolo schermo, la parte più consistente della testimonianza è stata passata agli inquirenti che, ovviamente, hanno chiesto il massimo riserbo. Almeno per il momento.
Dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio e la puntata della trasmissione di Italia Uno, il “caso Garlasco” torna sotto i riflettori e con non pochi interrogativi.
Chi e perché avrebbe messo “nei guai” il super testimone 18 anni fa? E, soprattutto, come avrebbe potuto farlo?
La scorsa settimana si era registrata una svolta clamorosa, quando è stato notificato l’avviso di garanzia ad Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi (nella foto). L’uomo era già stato indagato, ma le accuse nei suoi confronti erano state archiviate.
La Procura della Repubblica di Pavia, coi carabinieri del nucleo investigativo di Milano, ha riaperto l’indagine per il delitto avvenuto il 13 agosto 2007. Per l’omicidio è stato condannato in via definitiva Alberto Stasi, attualmente in carcere a Bollate, all’epoca fidanzato della vittima. Secondo gli inquirenti, però, il Dna trovato intorno a due dita delle mani della vittima “non corrisponderebbe a quello di Stasi ma di Andrea Sempio”. Anni 37, sicuramente conosceva la vittima, frequentava la villetta di via Pascoli e nei giorni precedenti la tragedia “ha avuto contatti telefonici con Chiara”. Sempio è ora indagato dalla procura di Pavia per concorso in omicidio. “Concorso” (perché c’è già un condannato) che potrebbe essere avvenuto o appunto con Alberto Stasi o con una persona ignota. E la cosa scagionerebbe lo stesso Stasi che si è più volte professato innocente. Il nome di Sempio era già emerso nel 2016 quando la difesa di Stasi nel 2016 aveva presentato una perizia genetica che, partendo dal Dna trovato sulle unghie della vittima, aveva individuato il profilo di Sempio. Una vicenda che un anno dopo era però stata chiusa con l’archiviazione richiesta dell’allora procuratore aggiunto Mario Venditti. Un provvedimento nel quale si sottolineava la pretestuosità delle indagini difensive su Sempio, l’assoluta infondatezza del suo coinvolgimento nel caso e la correttezza delle indagini svolte sul delitto.
Forse un po’ troppa fretta nel chiudere le indagini? E se sì, perché?
Oggi proprio quella archiviazione viene contestata dalla stessa Procura di Pavia: “all’epoca i magistrati non effettuarono confronti genetici, ma bollarono come non utilizzabile quel materiale genetico”. Che ora, invece, come sostenuto da nuovi esami, sarebbe utilizzabile a fini giuridici. Quindi, caso riaperto: Stasi è colpevole, come accertato? E soprattutto, ha agito da solo o con almeno un’altra persona, quella le cui tracce biologiche sono state trovate? Il nome di Sempio è arrivato ora dalla Procura, e non dalla difesa di Stasi. Lo stesso Andrea Sempio, nei giorni scorsi, si è presentato alla scientifica per sottoporsi agli esami disposti dal gip di Pavia in modo coattivo dopo che nei giorni scorsi l’uomo ha ricevuto l’informazione di garanzia con cui è stato invitato a sottoporsi ai prelievi per gli accertamenti sul Dna. Verifiche a cui Sempio ha negato l’assenso.
La Procura dovrebbe avvalersi dell’esperto Carlo Previderè, in campo sul caso di Yara Gambirasio, che ha già firmato una prima consulenza, dopo quella della difesa Stasi con legali Giada Bocellari e Antonio De Rensis, sulla leggibilità delle tracce trovate su Chiara Poggi, concludendo che “uno dei cinque aplotipi repertati, e precisamente quello relativo ad Andrea Sempio, risultava compatibile con quelli ottenuti dai margini ungueali della vittima”.
Materiale, per i pm, non da contatto mediato da un oggetto, come la tastiera, anche perché il pc dei Poggi risultava spento da tre giorni prima dell’omicidio. Per la Procura, potrebbe essere il Dna dell’aggressore e anzi andrebbe analizzato anche un secondo profilo genetico rimasto ignoto.
Un’altra consulenza, infine, sarà disposta sull’ormai nota impronta di scarpe, così come ci saranno analisi su tutte le tracce comparabili e saranno rivalutate le impronte, una ad una.
La posizione della famiglia Poggi è riassunta dalle parole del legale: “Dopo la sentenza passata in giudicato, della vicenda se ne sono occupati una quarantina di magistrati, tutti sostenendo la piena responsabilità di Stasi”.