Spaccio di droga, violenza e armi Parona, retata dei carabinieri: dieci nordafricani in manette

PARONA – Sono accusati a vario titolo di estorsione, ricettazione e lesioni personali in concorso, detenzione e porto abusivo di armi e munizioni. Riguarda anche il nostro territorio l’operazione culminata martedì mattina con dieci arresti, coordinata dai carabinieri di Stradella. I destinatari delle misure cautelari personali sono sette soggetti di origine marocchina e tre di origine egiziana, residenti a Vigevano, Parona e Milano. Alcuni di loro erano già detenuti per altri reati. L’indagine è partita dopo una serie di aggressioni armate registrate nei pressi di Broni e nelle zone limitrofe, tra cui un tentato omicidio avvenuto il 26 aprile 2022. In quel caso, dopo avere rubato l’auto alla vittima, quattro persone lo avevano convinto a seguirli in una località isolata, spiegandogli che gli avrebbero restituito la vettura. Successivamente avevano sparato contro di lui almeno quattro colpi di fucile, colpendolo a entrambe le gambe e ferendo anche l’amico che lo aveva accompagnato all’incontro. Le successive indagini avevano portato, a luglio, a catturare tre dei quattro responsabili, rintanati in un appartamento di Parona e arrestati dopo un tentativo rocambolesco di fuga. Le indagini erano poi proseguite, permettendo di ricostruire il giro di spaccio. Le indagini, supportate da intercettazioni telefoniche (sono state captate oltre 22mila conversazioni), hanno rivelato l’esistenza di una rete ben organizzata di piazze di compravendita di droga, tra Broni e la provincia di Varese. Tra le postazioni individuate non mancano aree nascoste come boschetti, stradine isolate e casolari abbandonati. Nomi in codice come “la Colombaia”, “la Xilopan” e “la Casettina della notte”. Servivano come basi per la vendita di cocaina, eroina e hashish. Il traffico generava guadagni giornalieri stimati intorno ai tremila euro, con prezzi al dettaglio di 70 euro al grammo per la cocaina, 20 per l’eroina e 10 per l’hashish. Gli spacciatori utilizzavano telefoni dedicati per prendere gli ordini e cambiavano frequentemente le postazioni per sfuggire ai controlli, scegliendo luoghi di scarso passaggio per ridurre il rischio di essere denunciati dagli abitanti o individuati dalle forze dell’ordine. Armi da fuoco, spesso frutto di furti, venivano impiegate non solo per intimidire i clienti, ma anche per consolidare il dominio sul territorio. Per gli spostamenti tra le piazze di spaccio, l’organizzazione faceva affidamento su auto “pulite” fornite dai tre membri egiziani, che in cambio ricevevano denaro o droga. Consumatori abituali venivano talvolta coinvolti come autisti, ricevendo dosi in cambio del loro aiuto. La pericolosità sociale degli arrestati veniva suffragata anche dall’evidenza che nelle piazze di spaccio vi erano abitualmente numerose armi (sia pistole che fucili), provento di furto, utilizzate per le aggressioni finalizzate al controllo del territorio ma anche nelle quotidiane attività di spaccio per minacciare i clienti o per costringerli a fare qualcosa per loro in cambio della droga.