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MORTARA - Da “angeli del soccorso a bersagli”. Una drammatica realtà che coinvolge tutti gli operatori della Croce Rossa e che, dalla settimana scorsa, annovera un triste episodio anche a Mortara. Non era mai successo. Ed ora per volontari e dipendenti di viale Capettini è come risvegliarsi in un incubo. O forse peggio ancora. Ormai è una triste realtà. il grave episodio avvenuto sabato 11 ottobre ai danni di una soccorritrice della Croce Rossa Italiana non ha fortunatamente avuto conseguenze fisiche di rilievo: la donna se l’è cavata con una prognosi di sette giorni. Dopo essere stata visitata presso il pronto soccorso di Vigevano, è stata dimessa nel giro di poche ore. Ma comunque una vicenda spartiacque. C’era un prima. E adesso c’è un dopo. Soprattutto a livello psicologico. Il fatto, il primo di tale gravità per il Comitato di Mortara, ha lasciato inevitabili strascichi nella mente e nel morale non solo nella soccorritrice coinvolta, ma anche tra tutti i volontari e i dipendenti che quotidianamente operano al servizio della comunità. “Ho prontamente informato dell’accaduto i referenti di Areu 118 e Maurizio Bonomi, il presidente regionale della Croce Rossa Italiana – dichiara Umberto Fosterni, presidente CRI Mortara. - Condanniamo con fermezza questo comportamento: ‘non siamo un bersaglio’, come recita una nostra campagna nazionale. Tuttavia, non smetteremo mai di aiutare chi è in difficoltà. Lo abbiamo fatto affrontando enormi rischi durante la pandemia da Covid19 e continueremo a farlo verso chiunque, senza alcuna distinzione. Confidiamo che simili episodi restino un caso isolato, ma soprattutto ci stringiamo con affetto alla nostra soccorritrice e ai colleghi di equipaggio che hanno vissuto questa difficile esperienza”. La soccorritrice, dipendente Cri dal 2020, ha alle spalle un’enorme esperienza. “L’episodio è avvenuto al cambio turno – prosegue Umberto Fosterni – e solo per una questione di pochi minuti non è toccato a me essere sul posto come soccorritore. Mi hanno immediatamente avvisato. Ero ancora in sede. Mi sono precipitato subito sul posto con una grande apprensione. Mi sento responsabile nei confronti di ogni volontario o dipendente. Il Comitato Cri di Mortara rinnova la propria vicinanza alla soccorritrice coinvolta e ribadisce il proprio impegno nel garantire soccorso, assistenza e umanità a ogni persona in stato di bisogno, nel pieno rispetto dei principi fondamentali del movimento internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontarietà, unità e universalità”. Principi che, probabilmente e comprensibilmente, per qualche minuto hanno vacillato persino nella mente di Umberto Fostereni. Anche perché le aggressioni fisiche sono solo la punta di un iceberg. Minacce e insulti sono sempre più frequenti. La violenza verbale e quella fisica ai danni degli operatori sanitari sono il nuovo “virus” che ammorba una società lontana dell’essere “umana”. Nei mesi scorso anche Regione Lombardia è scesa in campo. In occasione della giornata nazionale contro la violenza al personale sanitario celebrata il 12 marzo l’ente regionale ha reso noto le drammatiche statistiche che fotografano una situazione sempre più critica. Secondo i dati elaborati dall’Agenzia di Controllo del Sistema Sociosanitario Lombardo (ACSS), si registra un incremento del 17,7 per cento nel numero di aggressioni segnalate rispetto al 2023, con un totale di 5 mila e 690 episodi denunciati solo negli enti pubblici. Gli infermieri continuano a essere la categoria più colpita dalle aggressioni, con oltre il 60 per cento degli episodi, seguiti dai medici e da altre qualifiche professionali. La violenza fisica rappresenta il 25,3 per cento delle aggressioni, mentre la forma più comune rimane quella verbale (74,7 per cento). Gli aggressori sono prevalentemente utenti (67,8 per cento) e parenti dei pazienti (25,6 per cento). Le aggressioni si verificano principalmente nei giorni feriali e nella fascia oraria pomeridiana, quando il numero di accessi è più elevato. Per contrastare questi fenomeni in costante e preoccupante ascesa Regione Lombardia ha iniziato la sperimentazione di alcune misure che potrebbero migliorare la sicurezza del personale sanitario. Si parla della procedibilità d’ufficio per reati di violenza contro gli operatori sanitari, dell’installazione di pulsanti anti-aggressione nei Pronto Soccorso, della sperimentazione di appositi smartwatch e body cam da fornire agli operatori di Areu. “Non ho idea di quanto possa essere realmente utile indossare una telecamera sulla divisa – commenta su questo tema Umberto Fosterni – tuttavia credo che il vero antidoto sia culturale. È necessario compiere un percorso educativo e di sensibilizzazione. Un ritorno alla convivenza civile e all’idea di società che, dopo l’epidemia mondiale, è via via venuta meno”.