Confartigianato: piccole e medie imprese in ginocchio, Grechi: «Servono scelte, non promesse»

Le piccole e medie imprese in ginocchio. Quelle che resistono, ovviamente… In cinque anni la manifattura italiana ha perso 59mila imprese. La tempesta perfetta è già qui. Non è uno scenario ipotetico, ma la realtà con cui le piccole e medie imprese della Lomellina devono fare i conti ogni giorno. Mentre le tensioni geopolitiche si intensificano, l’economia mondiale si fa sempre più instabile. I nuovi dazi di Usa e Cina (di riflesso) e il costo dell’energia pesano sempre di più, penalizzando l’export e rendendo le nostre imprese meno competitive. “Il problema non è solo la difficoltà di esportare, ma il fatto che i nostri concorrenti stanno già trovando soluzioni – avverte Luigi Grechi, presidente di Confartigianato Lomellina – Se altri Paesi proteggono le loro imprese e noi restiamo a guardare, il rischio è che tra qualche anno molte piccole e medie imprese non abbiano più spazio per competere». E i numeri parlano chiaro. In Italia, negli ultimi cinque anni, il manifatturiero ha perso 59mila imprese, colpendo settori strategici come moda e metallurgia. Interi territori si stanno svuotando di aziende: in Piemonte, il 10,6% dei comuni non ha registrato una sola nuova impresa nel 2024. “Sono dati allarmanti – sottolinea Grechi – E non stiamo parlando di una crisi passeggera. Quando chiude un’impresa, non si tratta solo di un numero: significa famiglie in difficoltà, intere filiere che si interrompono”. La cassa integrazione è balzata a +30% nel 2024, con oltre 426,5 milioni di ore autorizzate: più del doppio rispetto ai livelli pre-Covid. E il mercato del lavoro sta già mostrando segnali di cedimento. A gennaio 2024, i beneficiari di Naspi erano 1.182.527, un dato che evidenzia un aumento della disoccupazione e della precarietà. “La burocrazia e il fisco sono già un freno pesante per chi fa impresa. – ribadisce Grechi - Se aggiungiamo anche dazi, energia cara e instabilità geopolitica, il rischio è che la crescita delle Pmi si blocchi del tutto”. L’export è la spina dorsale di molte piccole imprese, ma viene trattato come una questione secondaria. In altri Paesi si investe in politiche di internazionalizzazione, qui si parla ancora di incentivi una tantum, senza una visione strategica. “Abbiamo bisogno di politiche industriali serie, non di misure spot che durano il tempo di una campagna elettorale – incalza Grechi – E soprattutto, servono risposte rapide: non possiamo aspettare che la crisi decida per noi”. Le imprese che sopravvivono lo fanno innovando e cercando nuovi mercati, ma non basta. Il costo dell’energia e le politiche protezionistiche, come i dazi Usa, sono ostacoli enormi. Le leve di rilancio esistono: investimenti, aggregazioni e managerializzazione. Ma vanno sostenute da politiche adeguate. Confartigianato Lomellina è pronta a fare la sua parte, creando connessioni tra imprese, supportando l’export e dialogando con le istituzioni. Ma il messaggio è chiaro: senza una strategia nazionale chiara, il rischio è che il sistema produttivo rallenti, e poi si fermi. E ripartire, a quel punto, sarà molto più difficile.